L'opinione del Consiglio di Stato, sentenza n. 5739 del 19 agosto 2019

La sentenza n.5739 del 19 agosto 2019 è incentrata sul diritto allo studio.  La crescita culturale rappresenta un compito fondamentale della Repubblica, ponendo il principio del pluralismo ideologico e la formazione culturale quali basi della democrazia. Proprio per questo, l’art.34 della nostra costituzione prevede la scuola sia aperta a tutti, gratuita e obbligatoria per almeno 8 anni. Corrispondentemente, fra i diritti e doveri dei genitori, sono costituzionalmente previsti, all’art.30istruzione ed educazione.

Più nel dettaglio, la sentenza in oggetto si è focalizzata sul riconoscimento della parità scolastica, secondo la quale tutti gli studenti devono godere dei medesimi diritti e doveri, a prescindere dalla natura, pubblica o paritaria, dell’istituto scolastico che frequentano.  In virtù dell’articolo 33 della nostra Costituzione, infatti, lo Stato ha l’obbligo di offrire un sistema scolastico statale a tutti i giovani, ferma restando la possibilità che vengano creati istituti di educazione paritari. Le scuole paritarie sono abilitate a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore legale di quelli statali; godono di totale libertà per quanto concerne l’orientamento culturale e l’indirizzo pedagogico-didattico e usufruiscono di un più favorevole trattamento fiscale se non hanno fini di lucro. Ciò non significa, automaticamente, che le scuole paritarie possano vantare un diritto all’ottenimento di contributi pubblici. Gli enti, infatti, dispongono della capacità di analisi e pianificazione necessaria per ripartire le proprie risorse, spesso particolarmente scarse.

I fatti e il primo grado

Oggetto dell’impugnazione dinnanzi al Tar è una delibera comunale che ha stanziato nei confronti di alcuni istituti scolastici paritari il medesimo contributo concesso durante il triennio precedente. L’impugnazione deriva da una precedente richiesta di questi istituti paritari di ottenere un contributo maggiore rispetto al precedente, proporzionato rispetto a quanto stanziato a favore di scuole pubbliche. Tale disparità di trattamento, fra istituti che ricoprono la medesima funzione e garantiscono il medesimo titolo di istruzione, viene ritenuta illegittima. In particolare, la delibera comunale viene considerata“in contrasto con il complessivo assetto normativo, di rango costituzionale e primario, che struttura in termini paritari il sistema scolastico, indipendentemente dalla natura pubblica o privata degli istituti formativi ed educativi, ponendo precisi e non disparitari obblighi di contribuzione”.
In primo grado il Tar ha respinto il ricorso, basandosi sul principio secondo il quale la parità delle due tipologie di scuola riguarda specificamente l’equipollenza dell’effetto formativo derivante dall’attività di insegnamento, senza incidere sulla gestione e ripartizione delle risorse pubbliche. Di fatto, nell’opinione del Tar, i contributi a favore di istituti paritari sono soggetti alla libera valutazione della Pubblica Amministrazione sia in merito al quanto, sia in merito all’ “an”, dunque “se assegnarne”.

La parola al Consiglio di Stato

Nella sentenza del Consiglio di Stato viene, innanzitutto, celebrato il principio di parità scolastica. Il riconoscimento di questo principio “inserisce la scuola nel sistema nazionale di istruzione e garantisce l’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore dei titoli rilasciati da scuole statali e, più in generale, impegna le scuole paritarie a contribuire alla realizzazione della finalità di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola.” Se, da una parte, il diritto alla parità scolastica fra istituti pubblici e paritari viene riconosciuto senza ombra di dubbio dal Consiglio di Stato, dall’altra viene negato il diritto ad un pari trattamento in termini di contributi. Innanzitutto, è opportuno bipartire la tipologia di contributi, che possono essere statali o regionali. I contributi regionali, infatti, in virtù della legge 4 dicembre 2009, n. 31, sono discrezionalmente ripartiti dagli enti locali che approvano un programma degli interventi elaborato con il concorso delle istituzioni scolastiche statali e paritarie, degli enti formativi e delle istituzioni culturali esistenti sul loro territorio. Quanto alle risorse statali, il Consiglio di Stato si sofferma, prima di ogni cosa, sull’articolo 33, comma 3 della Costituzione, il quale prevede che «enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». L’espressa previsione che non ci siano oneri per lo Stato, non ha mancato di suscitare interpretazioni particolarmente restrittive. Del resto, però, vietare che contributi pubblici vengano erogati a favore di istituti paritari rappresenterebbe un indubbio limite alla garanzia del pluralismo scolastico celebrata costituzionalmente. Il Consiglio di Stato, dunque, conferma la possibilità di contribuire ai bisogni delle scuole paritarie con fondi pubblici, evidenziando come, del resto, erogazioni potenzialmente compatibili con il limite costituzionale hanno, in tempi recenti, assunto forme diverse e variegate (erogazione diretta, buoni scuola, riconoscimento di assegni di studio e rimborso spese o di esonero o agevolazione fiscale). Affermare che contributi pubblici possano essere devoluti a favore di istituti non statali, però, non significa necessariamente che tali istituti godano di un diritto all’ottenimento degli stessi. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Alcune riflessioni

La sentenza in oggetto rappresenta una buona occasione per riflettere circa il principale obiettivo dell’esistenza di diverse tipologie di istituti scolastici: l’espansione dell’offerta formativa. È bene chiedersi che significato assume il principio di pluralità. Si può infatti parlare di pluralità dell’offerta formativa solo se i destinatari, gli studenti, sono realmente posti in condizione di scegliere liberamente l’istituto che desiderano frequentare. Per fare ciò, è necessario che questi soggetti siano realmente posti nelle condizioni di accedere al percorso desiderato. I contributi a favore di studenti meritevoli che frequentino scuole paritarie e abbiano condizioni economiche familiari precarie, rappresentano un beneficio, più che un onere, che trova fondamento nel principio di pluralismo scolastico. Garantire questa libertà di scelta non comporta un obbligo per la Repubblica di farsi carico di oneri eventualmente necessari ad esercitarla.  Piuttosto, si tratta della valorizzazione della possibilità di scelta della scuola privata come riconducibile alla preferenza  di una data “formazione sociale” che consenta lo sviluppo della personalità dell’alunno. Nella sentenza, peraltro, viene richiamato esplicitamente il principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale. Si consideri che vengono sviluppati numerosi progetti finalizzati a ripensare l’attuale modello scolastico in favore di una crescente partecipazione dei cittadini e degli attori locali. Fra questi, per esempio,“Scuole Aperte” e le “Scuole al Centro”, iniziative promosse dal MIUR, si sono poste l’obiettivo di ampliare il panorama educativo italiano investendo su maggiore apertura e inclusione, grazie al contributi delle dimensioni locali. Mediante simili progetti, si sono sperimentate nuove forme di dialogo e nuove sinergie.
Le erogazioni che si sono definite a favore degli studenti negli ultimi anni, infatti, hanno assunto forme diverse, bipartendosi, sostanzialmente nell’attivismo regionale e nel riconoscere contributi statali a favore degli studenti di istituti paritari e non delle scuole stesse. Anche la giurisprudenza amministrativa, del resto, ha confermato questa prospettiva, riconoscendo il “buono scuola” solo a studenti di scuole che prevedano il pagamento di una retta.
Si può dunque concludere che il principio della parità scolastica, seppur garantendo la libertà di scelta delle istituzioni formative ed educative e potendo legittimare il riconoscimento direttamente a favore degli studenti di un rimborso delle spese o di forme equipollenti di agevolazione, non comporta di estendere alle scuole private paritarie i finanziamenti statali. Non si può, dunque, parlare di un diritto all’ottenimento di tali contributi. Gli enti competenti avranno la possibilità, e non l’obbligo, di definire le modalità e la quantificazione delle risorse economiche disponibili  da destinare agli istituti paritari.

LEGGI ANCHE: