Promuovere e costruire patti di collaborazione nei contesti territoriali fragili: la nostra esperienza di lavoro con le comunità e con il comune di Milano

No time no space. Da diversi giorni ho in testa il famoso brano di Franco Battiato come colonna sonora del carosello di volti, parole, luoghi e momenti degli ultimi tre anni di lavoro in alcune periferie del comune di Milano. Luoghicomuni, il progetto che abbiamo curato in collaborazione con il Centro di Forestazione Urbana di Italia Nostra (nell’ambito di Lacittàintorno, un programma di Fondazione Cariplo volto a promuovere il protagonismo degli abitanti nella vita pubblica), è ufficialmente terminato.
La canzone del “maestro” che mi accompagna in questi giorni di rendicontazioni e riflessioni lascia però intuire che non si tratti di una vera e propria fine. D’altra parte, Luoghicomuni non è mai stato un progetto: da sempre lo abbiamo definito un’azione, anche durante i mesi di pausa dovuti alla pandemia. A me piace pensarlo come un viaggio che continua: al di là dei tempi di progetto, oltre i singoli spazi rigenerati.

Navigare nello spazio… di più

Ed è attraverso un viaggio collettivo che abbiamo voluto celebrare i patti di collaborazione attivi da quartiere Adriano a Corvetto, da via Padova al borgo di Chiaravalle, ovvero tutte quelle persone che sono dietro ai tanti esercizi di pace – come li abbiamo chiamati nell’ultimo Rapporto Labsus – e insieme alle quali abbiamo navigato in questi anni con Lacittàintorno. Un tour in bicicletta di 40 chilometri che ha voluto unire simbolicamente esperienze e cittadini attivi coinvolti nei diversi quartieri, ma anche tutte le persone che il 27 marzo scorso hanno partecipato a questo insolito viaggio urbano di scoperta e ri-scoperta dei “luoghi comuni”.
Un viaggio che continua non solo perché oggi ci sono 13 patti di collaborazione attivi, con una media di 12 diversi soggetti firmatari ognuno, che proseguiranno nella navigazione a prescindere da Luoghicomuni. Continua perché ad essere stata seminata e raccolta durante il cammino è, soprattutto, una nuova forma di consapevolezza, che crediamo possa scortare i nostri compagni di viaggio anche in altre avventure future: la consapevolezza di tutto ciò che si può cambiare, sempre e ovunque. Nel proprio quartiere, nella propria città, in Italia, nel mondo intero.

Confronto pubblico del 27 marzo in piazzale Ferrara, una “piazza tattica” seguita da Luoghicomuni con il programma “Piazze aperte in ogni quartiere”. Foto di Giancarlo Aprea

Telescopi giganti, per seguire le stelle

Ho imparato che per cambiare non posso essere mai da solo, ma sempre insieme agli altri. Se un altro bambino di un posto lontano da qui mi chiedesse cosa serve per fare quel che è successo qui, in questa piazza, col nostro patto, gli direi che bisogna fare le cose insieme agli altri.

Marco, alunno della Scuola Primaria di via San Mamete (quartiere Adriano)

Innescare un cambiamento, in particolare in quei contesti territoriali fragili come quelli in cui abbiamo operato, è spesso possibile solo se si riescono a scorgere opportunità e potenzialità, dei luoghi e delle persone. Una capacità, un “super potere” di cui non sempre i soggetti singoli sono dotati: le alleanze autenticamente inclusive, inedite e plurali, come presupposto ed esito dei patti di collaborazione, sono la chiave per individuare nuove traiettorie, per provare a seguire le stelle.
I patti di Luoghicomuni oggi attivi includono 45 diversi enti del terzo settore, 5 istituti scolastici, 10 gruppi informali di cui 2 social street, 90 cittadini singoli firmatari e centinaia di bambine e bambini delle scuole coinvolte, 12 piccoli commercianti, oltre a incrociare tante progettualità che insistono su diverse scale. Una ricchezza e una complessità da saper valorizzare e affrontare costantemente durante il viaggio, mettendo in gioco competenze affatto scontate, non del tutto codificate e, dunque, non sempre riconosciute. La prima è, senza alcun dubbio, l’ascolto: del singolo abitante, del tecnico del municipio, del commerciante, dell’assessore competente, del consigliere di opposizione, dell’associazione culturale, della social street, del funzionario comunale, della fondazione, dell’operatore sociale, del comitato di quartiere…

Le scie luminose delle comete

Mi piace questa proposta perché spinge finalmente ad andare oltre la distinzione di ruoli. Progettare e fare insieme, condividere impegni e responsabilità: significa molto di più che partecipare.

Tiziana, insegnante dell’Istituto Comprensivo F. Filzi (quartiere Corvetto)

Conciliare tempi, motivazioni, interessi, culture, visioni dei diversi pubblici interessati dalle varie progettualità è stata senz’altro la maggiore sfida di questi anni. L’accoglienza e l’accessibilità – dialettiche, relazionali, operative – da garantire a tutti i costi, pena l’insuccesso degli sforzi collettivi, non sono certo esenti da fatiche. Una missione che è stata portata avanti non solo dalle facilitatrici di Labsus impegnate nei quartieri, ma anche da tutte quelle persone che si sono a loro volta fatte “promotrici” dei patti, agendo a titolo volontario come community organizer della collaborazione civica.

Workshop di coprogettazione del patto sulla piazzetta di via dei Transiti, con abitanti e associazioni (area di via Padova)

Penso in particolare al “Miglio delle Farfalle”, in assoluto il più numeroso in termini di soggetti coinvolti e il più esteso come superficie interessata dal patto (ad oggi 40 firmatari e oltre 1 chilometro di strada): un’idea partita da un singolo attore del territorio che ha letteralmente spiccato il volo, aggregando costantemente nuovi abitanti, piccoli commercianti e associazioni locali, diventando quasi un patto di quartiere.
Tuttavia, se è vero che la dimensione della comunità e/o degli spazi fisici interessati può incidere sulla complessità gestionale del processo, altri patti hanno messo in evidenza ben altri fattori. Tutti i patti di collaborazione “incubati” da Luoghicomuni sono stati di fatto accompagnati da un profondo lavoro di ingaggio, delle comunità e delle istituzioni, prima e dopo la firma, e di costante mediazione tra le parti. Un’azione orientata a valorizzare e armonizzare tutte le energie in campo e a scovare e includere quelle nascoste, nel tentativo di veder realizzati quei bisogni e desideri condivisi espressi dalle comunità, le scie luminose delle comete.
Soprattutto in una fase iniziale e in alcuni contesti specifici, si è trattato anche di superare una certa diffidenza verso “l’ennesimo progetto”, destinato a finire e non lasciare molto sul territorio. Una postura venuta meno una volta compreso l’elemento di rottura introdotto dall’Amministrazione condivisa dei beni comuni: la prospettiva di costruire un’alleanza territoriale stabile è stata molto più potente della diffidenza iniziale e anzi, ha reso in particolare molte insegnanti delle vere e proprie leader di comunità. Teresa, Antonella, Roberta, Tiziana, Carmen sono motivate non solo dalla possibilità di fare didattica all’aperto in tempi di pandemia, ma soprattutto di farla in una maniera più creativa e permeabile al territorio, proponendo un nuovo modello pedagogico che cuce insieme teoria e prassi, centrato sull’educazione come bene comune.

Attività di ingaggio su piazza Costantino (quartiere Adriano) organizzata insieme con le insegnanti, le bambine e i bambini della scuola di via San Mamete

Ed è così che un parchetto malandato di via Ravenna adiacente la scuola Filzi, in Corvetto, ha finito per attirare l’attenzione di una nota casa di produzione cinematografica per bambini, che sosterrà economicamente gli interventi strutturali del progetto di rigenerazione immaginato dagli alunni della scuola. Allo stesso modo un ampio giardino chiuso da tempo vicino la scuola San Mamete, nei pressi di piazza Costantino – la porta bistrattata di quartiere Adriano, l’avevano chiamata alcuni cittadini durante uno dei nostri workshop – è tornato a vivere e soprattutto a rispondere ai desideri dei suoi abitanti, piccoli e grandi, grazie all’adesione di tante realtà del territorio. Il patto, oltre alla scuola, è stato infatti siglato ed è oggi animato da diverse organizzazioni e gruppi informali, in alcuni casi fortemente critici nei confronti dell’amministrazione comunale, dimostrando che attraverso il patto non si vuole addomesticare il conflitto, ma sbloccare insieme una situazione di stallo verso la ricerca di soluzioni condivise.

Come avanguardie di un altro sistema solare

Il confronto diretto, paritario, con i cittadini attivi, ha intaccato una certa attitudine autoreferenziale annidata nella cultura professionale degli uffici, che hanno finalmente preso contatto con quella che viene chiamata “intelligenza collettiva”.

Eugenio, funzionario comunale

La pazienza e l’urgenza, insieme, solo apparentemente formano un ossimoro. Entrambe sono necessarie per tenere accesa la fiamma delle motivazioni, personali e collettive, necessarie per raggiungere un obiettivo di interesse generale.
Se il collante di ogni patto che si rispetti è la fiducia, vuol dire che bisogna saper comunicare con gli altri in maniera autentica e trasparente, ma anche alimentare questa fiducia con l’esempio pratico. Se la porta di un patto è sempre aperta, vuol dire che è necessario saper accogliere anche l’imprevisto, prestando grande attenzione nel far sentire inclusi tutti, anche gli ultimi arrivati. E, possibilmente, anche tutti quelli che ancora non abbiamo raggiunto.
Via Mompiani e via dei Panigarola sono due strade nel cuore del quartiere di Edilizia Residenziale Pubblica del Corvetto, un contesto fragile ad alto tasso di antagonismo, come viene spesso definito. Venti inquilini dei caseggiati Aler, il primo giorno di primavera di quest’anno, hanno rinnovato l’impegno di cura nei confronti di queste arterie pubbliche costantemente danneggiate. In questo contesto, l’alleanza con il Laboratorio di Quartiere Mazzini e con il servizio di custodia sociale, così come con alcune associazioni che coinvolgono attivamente persone messe alla prova e persone con disabilità nel patto, è stato l’innesco fondamentale.

Beaudelaire Nicaise N’guessan, calzolaio e abitante di via dei Panigarola, durante la firma del patto “VerdeMazzini” in quartiere Corvetto

Quello che si vede passeggiando oggi sulle due vie sono semplici aiuole che hanno preso il posto dei tanti “sgambatoi spontanei” per cani che popolano il quartiere popolare. Quello che non si vede, è che con la loro perseveranza e il loro coraggio, nonostante le personali fatiche quotidiane, Leonardo, Gemma, Maria, Ida, Beaudelaire (sopra in foto) indicano una possibilità di rinascita di ben più ampia portata, fatta di fiducia e senso di appartenenza. Tra i venti abitanti che hanno aderito al patto ci sono persone che non avevano mai preso parte a nessun tipo di percorso di partecipazione civica, molte delle quali totalmente diffidenti verso la politica e le istituzioni in generale. Queste persone sono oggi al fianco di Leonardo e degli altri “pattisti” per portare avanti una battaglia di bellezza e di pace, lontana anni luce da ogni retorica del decoro. Una battaglia quotidiana che si combatte con il dialogo, l’impegno e la condivisione. Che non è la loro battaglia, ma è la battaglia di tutti noi che vorremmo una città, un mondo migliore di questo e dobbiamo fare il nostro pezzetto per cambiarlo. Come avanguardie di un altro sistema solare.
Non sempre siamo riuscite a evitare che la fiamma si spegnesse. In questi anni di sperimentazione abbiamo senz’altro commesso degli errori: noi, l’amministrazione, le comunità locali. Ciò che conta, ormai dovremmo saperlo, è che i fallimenti abbiano generato e diffuso quegli apprendimenti istituzionali, amministrativi, civici senza i quali nessuna città dei 15 minuti sarà possibile.
La città dei 15 minuti è anche la città dei patti e dell’intelligenza collettiva che fa sistema: la città delle progettualità sociali dal basso, degli spazi culturali ibridi, degli abitanti attivi e di tutti quelli che ancora non lo sono ma potrebbero diventarlo. La buona Politica può e deve essere un’attenta compagna di viaggio, cui spetta il compito di assicurarsi che le traiettorie da percorrere siano davvero accessibili, per tutti, interconnesse e libere da ostacoli. E che all’occorrenza, si offra per pagare il propellente.

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