La Corte costituzionale ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 49 della Legge regionale dell’Emilia-Romagna per contrasto agli artt. 3, 9 e 117 della Costituzione

Con sentenza n. 152 del 2024, la Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi in tema di controllo sulle partecipanze agrarie, antica forma di proprietà collettiva di terreni di origine medievale, ancora ben presente in alcune regioni d’Italia, come l’Emilia-Romagna, il Veneto e il Piemonte.

Partecipanze agrarie e principio di sussidiarietà

Si tratta di una tra le molteplici forme dei c.d. domini collettivi, recentemente riformati dalla legge n. 168 del 2017 che, tra le novità in punto di disciplina, esplicita un chiaro favor per il modello della proprietà collettiva facente capo ad enti esponenziali, dotati di «personalità giuridica di diritto privato ed autonomia statutaria» (art. 1, comma 2) e i cui «beni di proprietà collettiva e i beni gravati da diritti di uso civico sono amministrati dagli enti esponenziali delle collettività titolari» (art. 2, comma 4).
Da tale importante novità legislativa consegue, più in generale, una valorizzazione della proprietà collettiva in senso privatistico che sottende una responsabilizzazione delle comunità chiamate a preservare l’ambiente, non solo nell’interesse attuale ma anche delle generazioni future, delineando così una stretta correlazione tra uso collettivo dei beni e tutela dell’ambiente e del paesaggio. Simile scelta, come sottolinea la Corte, si pone in sintonia con quel generale ripensamento dei rapporti fra pubblico e privato, che si evince dalla riforma del Titolo V della Costituzione (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), nella parte in cui ha valorizzato – sulla base del principio di sussidiarietà – il fenomeno dell’associazionismo «per lo svolgimento di attività di interesse generale» (art. 118, quarto comma, cost.).

La questione di legittimità costituzionale

In particolare, la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Consiglio di Stato con riguardo all’art. 49, comma 1, lett. b), della legge regionale dell’Emilia-Romagna n. 6 del 2004, che attribuisce alla Giunta regionale il potere di controllo preventivo sulle deliberazioni delle partecipanze agrarie concernenti gli statuti e i regolamenti. Inoltre, in virtù dell’espresso richiamo della disposizione censurata agli artt. 25 e 29 della legge regionale dell’Emilia-Romagna n. 24 del 1994, alla Giunta regionale sono attribuiti anche penetranti poteri sostitutivi nei confronti delle partecipanze agrarie, al pari di quanto avviene per i c.d. enti dipendenti della Regione, per i quali la stessa non si limita a regolare profili organizzativi sul regime dei controlli previsti da fonti statali, ma determina il contenuto del controllo stesso. In forza di tali poteri, la Regione Emilia-Romagna avrebbe sciolto gli organi della partecipanza e, conseguentemente, deliberato il commissariamento dell’ente.

Le conclusioni del giudice delle leggi

Tali previsioni contrasterebbero, tuttavia, con l’art. 117, secondo comma, lett. l), cost., che riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di “ordinamento civile” (il che garantisce un regime di controllo uniforme su tutto il territorio nazionale), entro cui si inscrivono i limiti connessi alla libertà statutaria dell’ente di natura privatistica. Inoltre, la disciplina regionale censurata inciderebbe sulla funzione di tutela ambientale che le partecipanze agrarie svolgono attraverso la gestione collettiva dei beni comuni, in particolare delle terre, contribuendo alla conservazione del paesaggio e dell’ecosistema, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), cost.
Infine, si configurerebbe la violazione degli artt. 3 e 9 cost., sotto il profilo dell’irragionevolezza e non proporzionalità delle misure disciplinate dalla disposizione censurata, anche alla luce dell’evoluzione dell’ordinamento che ha profondamente mutato lo scenario attuale entro cui si inscrivono gli interessi sottesi alla vicenda in esame. Passaggio quest’ultimo particolarmente significativo e condivisibile, atteso che – parafrasando quanto statuito dal giudice delle leggi – così «ficcanti poteri di matrice autoritativa» sarebbero «in grado di condizionare profondamente» la vita e il funzionamento interno dell’ente fino a giungere ad un risultato irragionevole, sproporzionato e lesivo dello spirito della riforma dei domini collettivi di cui alla legge n. 168 del 2017 e della più recente legge costituzionale n. 1 del 2022 a tutela dell’ambiente in prospettiva transgenerazionale.

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Immagine di copertina: Quang Nguyen Vinh su Pexels